( Pescasseroli, 27 Dicembre 2012 )Viviamo un difficile tempo di crisi, da anni, e specialmente nel nostro Paese.
Nonostante la crisi coinvolga tutti, non solo i parchi, si pone anche e comunque - e le istituzioni pubbliche interessate, quelle private e gli attori dei territori dovrebbero avere la capacità di porla in modo serio e deciso – una importante e urgente questione da risolvere per ciò che riguarda le politiche di amministrazione e gestione delle aree naturali protette.
E’ molto semplice capire e vedere che senza un adeguato sostegno politico e governativo, nazionale e locale, e senza adeguate risorse umane, professionali e finanziarie, enti pubblici come quelli che amministrano i parchi, e specialmente quelli nazionali, non possono avere o continuare ad avere, come hanno cercato di fare finora, alcuna capacità di incidere praticamente sui territori che dovrebbero tutelare a livello ambientale e sociale.
Ormai parlare di sviluppo sostenibile e responsabile o di economia verde/green economy è usuale e normale riferendosi a territori che non sono stati trasformati da processi di industrializzazione e di urbanizzazione.
Questi territori hanno conservato una certa integrità naturale e paesaggistica, e in molti casi anche socioculturale: e oggi questa è la vera e unica loro ricchezza.
Le Aree naturali protette hanno il compito appassionante e importante di rendere pubblica questa ricchezza, di promuoverla, di darle valore. Come farlo senza una seria e moderna politica di gestione e senza una seria e decisa politica di investimenti?
Anno per anno sono nati nuovi parchi e nuove riserve naturali, e questo perché l’Italia è un paese ricchissimo di risorse paesaggistiche e ambientali. Angoli sconosciuti del paese sono stati “scoperti” in tutta la loro singolare bellezza, e sono riusciti a parlare una lingua sempre più comprensibile a tutti coloro che hanno voluto e vogliono ancora ascoltarla.
E questo pubblico di spettatori e ascoltatori è cresciuto e cresce giorno per giorno, e comprende popoli di tutta Europa e di tutto il mondo.
I vari congressi mondiali, dal World Parks Congress alle annuali Europarc Conferences, ai convegni nazionali, agli incontri locali, sono stati e sono occasioni per confrontarsi sulla realtà della conservazione della natura sul nostro pianeta.
Si è parlato e si parla di tutela naturale, di sviluppo sostenibile e di partecipazione democratica alla tutela naturale e allo sviluppo sostenibile. In ogni occasione internazionale quest’ultimo punto viene sempre particolarmente sottolineato dalle delegazioni europee, e in special modo italiana.
Ciò è dovuto al fatto che il lavoro degli Enti di gestione delle aree protette italiane ha sempre posto come necessaria l’incentivazione della collaborazione diretta delle popolazioni locali all’organizzazione delle attività.
L’Italia è l’esempio di questo modello di gestione.
Tra l’altro, ciò è dimostrato dal fatto che molte comunità distribuite ai confini dei parchi e delle riserve naturali chiedono spesso di entrarvi a far parte, cioè chiedono che i loro confini siano allargati.
Le aree naturali protette in Italia sono diventate e stanno diventando sempre più delle autentiche aree alternative di sviluppo.
Dove lo sviluppo industriale e tradizionale non è possibile e non è praticabile è invece possibile e molto praticabile un altro sviluppo, un’altra forma di crescita economica, sociale, culturale, esistenziale. Una politica veramente liberale e democratica, una politica davvero interessata agli interessi e alle preoccupazioni dei cittadini dovrebbe fare di tutto per garantire la possibilità di ogni nuova strada che conduca a un miglioramento delle condizioni di vita.
I parchi hanno offerto in molti casi questa possibilità. Hanno creato lavoro, hanno allargato contatti sociali ed economici, hanno offerto concrete opportunità alla libera iniziativa degli individui e delle comunità del territorio.
Spesso a vari livelli di discussione politica si crede che ampie fette del territorio italiano siano ancora destinate allo spopolamento, all’esodo, all’inaridimento di ogni attività economica e sociale. Ma questo si crede perché si crede che esista e possa esistere solo un modello di crescita - il solito modello – legato al grande investimento privato, al grande afflusso di capitali.
Credere questo significa non avere una visione liberale delle capacità umane, significa non avere fiducia nella libera fantasia dell’uomo che crea sempre nuove forme di ricchezza e di dignità individuale e collettiva.
Oggi in giro per le aree protette, tra i cittadini che risiedono nei parchi continua ad esserci, nonostante tutto, un buon clima di speranza, di fiducia, di voglia di costruirsi la propria vita di per sé e insieme agli altri. In passato sono nate tante associazioni e sono nate molte imprese e moltissime cooperative,piccole e medie aziende, attività nel turismo, nell’agriturismo e nell’agricoltura, nel recupero e nella valorizzazione culturale dei territori,nelle produzioni locali tipiche e di qualità.
E molte di queste associazioni e molti di questi piccoli e medi imprenditori collaborano attivamente con gli Enti di gestione.
C’è molta democrazia in tutto questo, e specialmente nel fatto che parchi e riserve naturali lavorano per creare le condizioni ideali di vita e di crescita di queste libere iniziative economiche.
D’altronde, forse il più classico e il più bel manifesto del Liberismo della cultura occidentale, la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America del 1776, comprende tra i diritti inalienabili dell’uomo il diritto alla “ricerca della felicità”.
Non è una forzatura pensare che molti parchi e molte riserve naturali italiani lavorano per poter garantire questo diritto ai tanti cittadini italiani che vivono all’interno dei loro confini, e non solo.
E ai tanti visitatori che vi cercano ristoro, tranquillità e rigenerazione materiale e spirituale.
Ma per poter garantire questo diritto i molti parchi e le molte riserve naturali italiani devono anche loro poter essere apprezzati, sostenuti, incoraggiati, devono poter sopravvivere economicamente, devono avere risorse sufficienti per lavorare bene in questa direzione.
E invece il sostegno, l’apprezzamento, la considerazione da parte della politica e delle istituzioni - nazionali e locali, pubbliche e private - i fondi messi a disposizione diminuiscono, e così diminuiscono questi spazi di libertà.
Le azioni di tutela naturale sono sempre più ristrette, così come sono sempre più ristrette le possibilità di collaborazione con gli attori sociali ed economici del territorio, i veri attori protagonisti di questa storia.
Non è difficile capire che una debole azione di tutela non fa altro che raschiare valore alle sole risorse che molti cittadini italiani hanno nella integrità dei propri paesaggi e nella bellezza dei propri ambienti naturali. Fino ad ora, nei parchi, queste risorse sono state attentamente valorizzate, e la crescita rilevante del turismo natura ne è la testimonianza più diretta.
Ma la Natura è fragile, e fragile è la bellezza della natura e del paesaggio: devono essere curate e preservate quotidianamente, e sempre con la medesima dedizione, altrimenti svaniscono.
Per preservarle c’è bisogno di lavoro, di impegno, di mezzi.
E’ necessario che lavoro, impegno e mezzi continuino ad essere costanti, e si spera che possano magari anche crescere.
Questa è una necessità, semplicemente perché il lavoro, l’impegno e i mezzi investiti finora non siano stati vani, e soprattutto perché non sia stata vana quella speciale voglia di ricercare la felicità che ha ispirato molti cittadini di questo paese a cercare una nuova unità, e a sentirsi realmente indipendenti e liberi.
E invece? Invece tutto sembra fermo, il disincanto della politica, dei governi, delle istituzioni, delle amministrazioni, degli stessi enti di gestione dei parchi e di tanti cittadini sembra prevalere.
Eppure i parchi potrebbero dare un contributo molto importante, originale, innovativo e concreto al superamento della crisi economica.
Solo se, finalmente, si comprendesse che essi costituiscono un vero e proprio sistema istituzionale-territoriale di 60.000 kmq, 3000 comuni, 10 milioni di cittadini, migliaia di piccole e medie imprese, oltre 100mila posti di lavoro; che essi custodiscono gli elementi fondamentali per la vita.
Riuscirà in qualche modo questa grande realtà a uscire dal torpore e a mobilitarsi?
A mobilitarsi per far comprendere a “chi deve comprendere” che in questo momento di difficoltà, economica e morale, e a maggior ragione proprio in questo momento, la tutela ambientale e uno sviluppo diverso e responsabile devono diventare un progetto vero e condiviso per realizzare e concretizzare tutte le potenzialità di lavoro e di qualità della vita che i parchi racchiudono.
Giuseppe Rossi