La sfida della conservazione
Conservare l'orso bruno marsicano vuole dire assicurare alla popolazione le condizioni di persistenza a lungo termine, in un contesto che permetta alla specie di espletare ed essere regolata da meccanismi di natura ecologica nonché di mantenere la flessibilità di adattamento a condizioni ambientali potenzialmente mutevoli.
E' in questa prospettiva che, nel contesto specifico dell'Appennino centrale, la conservazione dell'orso bruno marsicano deve passare obbligatoriamente per l'elaborazione di soluzioni funzionali di coesistenza tra orso ed attività antropiche; soluzioni che devono essere di natura tecnica, economica e sociale, sia all'interno che all'esterno delle singole aree protette.
Sebbene il PNALM sia stato critico per la conservazione dell'orso marsicano dai tempi storici fino ai giorni nostri, non è possibile pensare di riuscire a tutelare l'orso all'interno di un solo parco nazionale.
Problemi genetici, demografici e ambientali di natura stocastica tendono ad erodere, nel lungo periodo e di generazione in generazione, le capacità di persistenza delle popolazioni numericamente ridotte, come appunto quella dell'orso bruno marsicano. Solitamente, l'effetto di questi fattori non viene apprezzato in specie i cui individui sono piuttosto longevi, come appunto nel caso dell'orso.
Questo perché le dinamiche demografiche, incluse le tendenze negative della popolazione, si rendono manifeste solo nel lungo periodo, ovvero in un arco temporale che potremmo paragonare ad almeno due-tre generazioni di amministratori o ricercatori impegnati per la conservazione dell'orso.
Le tendenze negative vanno quindi contrastate da subito, quando i fattori che agiscono sulla popolazione di orso sono ancora deterministici, vale a dire quando il loro effetto può essere contrastato intervenendo direttamente sulle cause.
Se la popolazione di orso dovesse invece oltrepassare una soglia minima, il rischio è che diventi vulnerabile all'azione di fattori stocastici che tendono ad aumentare esponenzialmente i rischi di estinzione; a quel punto, sarebbe ormai inefficace intervenire sui fattori deterministici che hanno determinato in primo luogo la rarefazione della popolazione.
Non sappiamo oggi come si pone la popolazione di orso bruno marsicano rispetto a questa soglia minima (tecnicamente definita MVP, dall'inglese minimum viable population) sebbene, da un punto di vista teorico, il numero di orsi sia oggi ridotto ai minimi termini e la popolazione che sopravvive nel PNALM ha variabilità genetica tra le più basse delle popolazioni di orso bruno su scala mondiale.
Ma l'estinzione è in ultima analisi un evento probabilistico e non devono quindi esistere battaglie perse o casi disperati; l'importante è comprendere la vera natura del problema e darsi da fare subito, prima di perdere altro tempo.
Se l'obiettivo ultimo della conservazione dell'orso bruno marsicano è assicurare alla specie le condizioni di persistenza a lungo termine, questo lo si può realizzare attraverso una strategia di larga scala che non sia confinata solo all'interno del PNALM: mentre qualsiasi sforzo deve essere fatto per assicurare i più alti tassi di sopravvivenza e di riproduzione degli orsi nel PNALM e nei territori limitrofi, il resto del territorio nell'Appennino centrale deve essere pronto per facilitare l'espansione naturale della popolazione su più ampia scala.
In questo senso, l'ampia rete di aree protette, tra parchi nazionali, regionali e siti Natura 2000 che si trova tra Abruzzo, Molise, Lazio, Marche ed Umbria (gran parte dell'areale storico dell'orso), e le condizioni ambientali presenti in questi territori, rendono piuttosto realistico questo scenario. Ma l'orso è una specie che espande il proprio areale in tempi lunghi e con difficoltà maggiori rispetto ad altre specie (es. il lupo) e deve essere quindi garantito tra le aree protette un elevato grado di connettività ambientale.
Inoltre, essendo la dimensione delle singole aree protette piuttosto ridotta, o perlomeno rispetto ai requisiti spaziali di una specie come l'orso, è fondamentale che questa rete di aree protette e zone di connessione sia inserita all'interno di una matrice ambientale che non sia ostile alla presenza della specie, altrimenti ciò vanificherebbe qualsiasi sforzo di conservazione anche all'interno delle aree protette.
Il problema quindi non diventa solo trovare il modo funzionale di eliminare o quantomeno limitare efficacemente la mortalità degli orsi per cause antropiche all'interno delle aree protette, ma anche di riuscire a fare adottare su larga scala strumenti e politiche per la pianificazione e lo sviluppo territoriale che tengano conto, anche al di fuori delle aree protette, della presenza e delle esigenze biologiche dell'orso.
Orso
(foto di: Valentino Mastrella, Archivio PNALM)
Guardie osservazioni
(foto di: Valentino Mastrella, Archivio PNALM)