Una questione controversa.
In alcuni contesti internazionali, sia in Europa che in Nord America, la somministrazione di cibo supplementare (es. siti di alimentazione riforniti con carcasse, frutta secca, etc.), viene utilizzata come strategia gestionale per allontanare gli orsi dai centri abitati e ridurre danni e conflitti con le attività antropiche.
Tuttavia, esiste un dibattito aperto e acceso tra gli esperti, su quella che è la reale efficacia di questi interventi, e gli studi di settore producono risultati del tutto contradditori.
Analizzando i risultati di molti studi in merito a benefici e rischi, il quadro generale che emerge, è che quest’ultimi superano di gran lunga i primi: non solo i danni non diminuiscono, ma possono anche aumentare, e gli orsi continuano a frequentare i paesi.
Perché questi programmi di alimentazione supplementare non hanno successo?
Perché i fattori che spingono un orso ad utilizzare in maniera esclusiva dei siti di alimentazione artificiale sono molti, complessi e poco controllabili:
- l’orso deve essere realmente impossibilitato a trovare cibo per vie naturali;
- l’alimentazione supplementare deve essere molto più appetibile e abbondante di quello di origine antropica, ma non di più di quello naturale, perché altrimenti si crea dipendenza;
- l’orso non deve potere accedere facilmente a risorse di origine antropica (es., se orti e pollai non sono messi in sicurezza, l’orso continuerà a frequentarli);
- l’orso non deve avere altre motivazioni per avvicinarsi alle zone abitate (abbiamo visto nei post precedenti che spesso alcuni orsi usano territori vicini ai centri abitati per evitare l’interazione con i maschi adulti che possono costituire un pericolo per i cuccioli e gli animali giovani).
A complicare il quadro, alcuni studi mostrano che:
- un numero estremamente limitato di individui, in genere maschi adulti dominanti, non necessariamente condizionati e confidenti, utilizzano questi siti, non facendo avvicinare gli altri orsi;
- quelli che riescono a frequentarli, continuano comunque a muoversi alla ricerca di altro cibo;
- alcuni orsi, compresi quelli confidenti (da tenere lontano dai centri abitati), li evitano del tutto.
Ma non abbiamo ancora parlato dei rischi.
L’alimentazione supplementare comporta una serie di effetti negativi sull’orso con conseguenze anche sui conflitti con l’uomo:
- aumento della consistenza numerica che l’ambiente di per sé non è in grado di sostenere naturalmente, con conseguente aumento dei conflitti con l’uomo;
- instaurazione di meccanismi di dipendenza da fonti alimentari esterne e aumento dei conflitti, quando non si è in grado di mantenere nel tempo un rifornimento costante di cibo;
- alterazione dei comportamenti “naturali” degli orsi (es., riduzione del periodo di svernamento in tana, e ricerca di cibo anche nella stagione normalmente destinato al letargo);
- abituazione a cibo facile e di natura antropica e aumento della confidenza verso l’uomo e zone abitate.
Inoltre, i siti di alimentazione supplementare hanno l’effetto di attirare più orsi nella stessa area, con ricadute a livello sociale e sanitario:
- incremento del rischio di trasmissioni di malattie da parte di altri orsi e di altre specie (cani, lupi, cinghiale, bovini, etc.);
- incremento del rischio di infanticidio da parte di maschi adulti nei confronti di femmine con cuccioli;
- innesco di comportamenti territoriali da parte di maschi adulti che allontanano le categorie più vulnerabili, come i giovani e le femmine con piccoli verso zone più marginali;
- induzioni di stati cronici di stress negli individui che cercano di alimentarsi, ma soffrono della competizione o aggressività degli altri orsi.
Ancora una volta è necessario porre sulla bilancia rischi e benefici, e quando appena detto sull’esito di questi programmi, deve renderci ancora più cauti.
Ma attenzione, questo non vuol dire non gestire il territorio, ma intervenire con azioni ed interventi silvicolturali e di gestione forestale, mirati a preservare quella ricchezza alimentare, che ad oggi, nel territorio del Parco, consente all’orso di riprodursi ogni anno e con successo, e che conserva la maggiore parte degli orsi nella loro selvaticità.
Tutto questo a condizione che si viaggi in parallelo ad attività di prevenzione e messa in sicurezza delle strutture antropiche.
Ma, a volte, quando gli orsi sono diventati troppo confidenti, bisogna intervenire più direttamente proprio sull’orso.
Quale tecnica si usa, come e perché?
Le risposte nelle prossime pagine.
#appuntamentorsi 5
Qualche lettura per saperne di più:
- Garshelis, D. L., Baruch-Mordo, S., Bryant, A., Gunther, K. A., & Jerina, K. (2017). Is diversionary feeding an effective tool for reducing human–bear conflicts? Case studies from North America and Europe. Ursus, 28(1), 31-55.
- Krofel, M., Špacapan, M., & Jerina, K. (2017). Winter sleep with room service: denning behaviour of brown bears with access to anthropogenic food. Journal of Zoology, 302(1), 8-14.
- Kubasiewicz, L. M., Bunnefeld, N., Tulloch, A. I., Quine, C. P., & Park, K. J. (2016). Diversionary feeding: an effective management strategy for conservation conflict?. Biodiversity and conservation, 25(1), 1-22.
- Morehouse, A. T., & Boyce, M. S. (2017). Evaluation of intercept feeding to reduce livestock depredation by grizzly bears. Ursus, 28(1), 66-80.
- Sorensen, A., van Beest, F. M., & Brook, R. K. (2014). Impacts of wildlife baiting and supplemental feeding on infectious disease transmission risk: a synthesis of knowledge. Preventive veterinary medicine, 113(4), 356-363. 669-676.
- Steyaert, S. M., Kindberg, J., Jerina, K., Krofel, M., Stergar, M., Swenson, J. E., & Zedrosser, A. (2014). Behavioral correlates of supplementary feeding of wildlife: Can general conclusions be drawn?. Basic and Applied Ecology,
Pubblicato su Facebook l'8 settembre 2017