Abbiamo visto nell'ultimo post di questa rubrica che non è sempre possibile prevenire l’ingresso degli orsi confidenti nei centri abitati nonostante siano seguiti attraverso i radiocollari
Abbiamo quindi visto che in queste occasioni è necessario intervenire con delle azioni che allontanino l'animale e lo scoraggino a tornare in paese
(azioni reattive o di dissuasione).
La dissuasione è stata sperimentata sugli orsi confidenti e/o problematici a partire dagli anni 70 ed è tutt'ora utilizzata in molti contesti in tutto il mondo.
E' una tecnica che consiste nel produrre uno stimolo negativo con lo scopo di "insegnare" all'orso ad associare le persone, gli insediamenti umani o le risorse alimentari di origine antropica ad esso, in modo che l'animale tenda in futuro a evitarle e a non entrarci in contatto (principio dell'apprendimento associativo).
In molti casi questi interventi consentono di evitare l'uccisione o la messa in cattività degli individui.
La dissuasione viene attuata con due scopi principali.
Il primo è uno scopo immediato, cioè quello di allontanare l'orso dal centro abitato per evitare situazioni potenzialmente critiche e pericolose per l'orso stesso e per la sicurezza pubblica.
Il secondo, quello più a lungo termine, è di tentare di "rieducare" l'animale, facendo in modo che esso associ i centri abitati e la presenza di persone a situazioni per lui spiacevoli (condizionamento negativo).
Possiamo considerarla una tecnica efficace?
La valutazione dell'efficacia è correlata agli obiettivi.
Rispetto all'obiettivo di allontanare tempestivamente un individuo, poiché la sua presenza all'interno di un contesto abitato implica una serie di gravi rischi che possono verificarsi nell'immediatezza della situazione, la dissuasione è certamente efficace, poiché l'animale, se disturbato, certamente si allontanerà dal paese.
In relazione all'obiettivo di rieducare un animale nel lungo termine, dobbiamo tenere presente che molti fattori possono interferire sull'efficacia di questa tecnica.
Sebbene siano pochi gli studi che abbiano valutato sperimentalmente l'efficacia di questi interventi, è possibile ricavare alcune indicazioni.
Un ruolo molto importante lo gioca la storia individuale dell'animale, unitamente alla tempestività, continuità e intensità delle azioni.
I risultati migliori delle azioni di dissuasione si ottengono, infatti, nel caso di individui che non siano ancora del tutto "condizionati" dal cibo antropico; se le azioni vengono messe in campo nelle prime fasi di manifestazione di comportamenti confidenti e/o problematici e sono realizzate con intensità e continuità.
In linea generale le azioni di dissuasione sembrano però avere un'efficacia solo temporanea.
In altre parole spesso gli individui confidenti o problematici tornano, prima o poi, a frequentare gli insediamenti umani.
Dunque le azioni reattive avrebbero lo scopo di ridurre la frequenza di questi comportamenti, meno probabilmente di eliminarli.
Quest'ultima evidenza è tanto più vera quanto più accessibili sono le fonti di cibo di origine antropica da cui gli animali sono attratti.
Gli animali infatti imparano a tollerare i rischi e gli effetti spiacevoli della dissuasione perché comunque riescono in qualche occasione ad ottenere cibo "facile".
Un altro fattore è il cosiddetto "effetto gerarchico", un concetto che abbiamo già trattato nei precedenti post.
Questo meccanismo del tutto naturale sicuramente può influenzare l'efficacia della dissuasione, poiché in tali casi alcuni individui possono "decidere" che il rischio di visitare i centri abitati e di subire azioni di dissuasione sia inferiore al rischio di confrontarsi con individui dominanti.
L'efficacia della dissuasione è influenzata dal tipo di tecnica che viene utilizzata.
I metodi più efficaci risultano quelli che comportano un dolore fisico (in particolare i proiettili di gomma).
Meno efficaci sono invece i deterrenti acustici (petardi, cartucce esplosive, grida) se non associati ad altre tecniche.
Non è ancora del tutto chiara l'efficacia dei cani cosiddetti anti-orso. In molti casi viene consigliata una combinazione di differenti sistemi di dissuasione.
Qualsiasi sia la tecnica di dissuasione che si applica, è fondamentale che gli operatori adottino delle posture e un tono di voce che l'animale possa riconoscere come tipiche di un individuo dominante (postura eretta, inseguimento e tono di voce alto e fermo).
Gli strumenti di dissuasione devono essere utilizzati esclusivamente da personale specializzato.
Durante le attività di dissuasione sarebbe opportuno evitare la presenza di pubblico che può avere effetti negativi sull'efficacia della stessa.
Da quanto detto, emerge che le azioni reattive devono essere necessariamente incluse all'interno di un piano strategico più ampio, che preveda la messa in sicurezza delle risorse alimentari presenti nei centri abitati insieme ad una campagna di informazione e comunicazione.
Ma quali sono gli orsi confidenti nel PNALM? Qual è la loro storia?
Ve li presenteremo nei prossimi post.
#appuntamentorsi 7
- AA.VV. (2015). Defining, preventing, and reacting to problem bear behavior in Europe. LCIE; European Commission.
- Elfström, M., Zedrosser, A., Støen, O. G., & Swenson, J. E. (2015). Ultimate and proximate mechanisms underlying the occurrence of bears close to human settlements: review and management implications. Mammal Review, 44(1), 5-18.
- Mazur, R. L. (2010). Does aversive conditioning reduce human–black bear conflict?. Journal of Wildlife Management, 74(1), 48-54. (McCullogh 1982, Shivk et al 2003; Hunt 2003)
- Leigh, J, & Chamberlain, M.J.(2008) Effects of aversive conditioning on behavior of nuisance Louisiana black bears.Human–Wildlife Conflicts 2(2):175–182
- Beckmann, J. P., and C. W. Lacky. 2008. Carnivores,urban landscapes, and longitudinal studies: a case history of black bears. Human–Wildlife Conflicts 2:168–174.
- Rauer, G., Kaczensky, P., & Knauer, F. (2003). Experiences with aversive conditioning of habituated brown bears in Austria and other European countries. Ursus, 215-224
Pubblicato su Facebook il 22 settembre 2017